Centro di documentazione del CIIFF
(Centro Internazionale per l’Innovazione delle Filiere Frutticole)
Oltre a essere oggi uno dei principali fruttiferi, il pesco ha rivestito sin dall’antichità un ruolo di primo piano nell’alimentazione e – per la bellezza dei suoi alberi nonché per i colori e il profumo delicati del suo frutto – è ampiamente presente anche nel mondo artistico e letterario, con tracce che permangono nella forma di beni culturali e scientifici.
Siamo di fronte a un unicum nel panorama della frutticoltura del nostro pianeta, che va al di là dei risvolti economici, seppure importanti per molti distretti frutticoli: quali sono i ‘percorsi’ genetici che hanno consentito a questa specie di evolversi fino alle forme coltivate attuali? Come mai non conosciamo le sue forme selvatiche, come per le altre specie da frutto? Come mai, a fronte di una variabilità genetica relativamente limitata, siamo riusciti ad ottenere varianti varietali che consentono di coltivarla in una estensione geografica che va dai subtropici al Canada, con un calendario di maturazione che copre quasi sei mesi?
La misteriosa storia evolutiva del pesco
Il pesco è la pianta da frutto (estiva) più coltivata nel nostro paese, oltre che nella fascia temperata, in tutto il Bacino del Mediterraneo, senza voler far riferimento ad altre zone geografiche (America, Estremo oriente, Cina in primis). Occorre infatti ricordare che essa è stata anche la prima specie legnosa sulla quale sono state compiute le prime esperienze di impianti intensivi: siamo a Massa Lombarda (RA), alla fine del 1800 (Bellucci, 1908).
Da queste prime, fortunate esperienze, i frutteti specializzati sono diventati il lustro della frutticoltura italiana, poi copiata in tutto il mondo, in particolare a partire dalla fine degli anni ’50 del secolo scorso. Intere schiere di frutticoltori e tecnici prima, ricercatori e studiosi poi, hanno nel tempo esteso a tutte le specie da frutto le soluzioni che, in prima istanza, erano state sperimentate e poi applicate sul pesco, anche grazie alla ‘plasticità’ del suo albero, che si presta a diverse modalità di allevamento.
Oltre che per l’importanza economica e storica, il pesco è tra le specie arboree più studiate dal punto di vista genetico, a motivo delle dimensioni ridotte del suo genoma che costituisce un eccellente modello per la famiglia delle Rosaceae (Verde et al., 2013). L’inbreeding ha giocato un ruolo fondamentale nel corso della sua plurimillenaria storia evolutiva, grazie alla piena autocompatibilità fiorale, che assicura (favorito anche dalla morfologia fiorale) una elevatissima percentuale di autofecondazione. Ed è questo un piccolo mistero per gli scienziati, in considerazione del fatto che in molti altri alberi da frutto la fecondazione incrociata è assicurata da meccanismi di autoincompatibilità (es. melo, ciliegio).
Occorre poi aggiungere un altro fatto, che approfondisce il mistero, almeno dal punto di vista della filogenesi, di questa specie, e che riguarda le sue forme selvatiche. Mentre di numerose altre specie, alcune affini (mandorlo) o filogeneticamente vicine (albicocco) al pesco, sono stati individuati con ragionevoli evidenze i centri di origine (nei quali sono presenti ancor oggi popolazioni spontanee (Decroocq et al., 2016), nel caso del pesco l’esistenza di forme selvatiche direttamente riferibili alla specie Prunus persica L. (Batsch) è tutt’ora ignota (Velasco et al. 2016). Secondo alcuni studiosi cinesi, il pesco non esisterebbe sotto forma di popolazioni ‘selvatiche’ (Shen Z., Jiangsu Academy of Agricultural Sciences: comunicazione personale), ma solo come piante isolate nei boschi di possibile origine ferale. Alcuni recenti lavori sembrerebbero collocare la sua origine nel Sud-Ovest della Cina ed esisterebbero elementi che farebbero pensare addirittura ad un influsso della evoluzione di alcune specie di scimmie, notoriamente frugivore, nella ‘’domesticazione’’ del pesco, a partire da alcune specie ancestrali, come il P. mira, P. kansuensis, oltre che P. persica (Su et al., 2015; Yu et al 2018).
Tra gli obiettivi della Casa della Frutticoltura è la realizzazione di una struttura permanente dedicata al pesco e alle altre drupacee, organizzata, in termini sia fisici che virtuali, per la conservazione e la fruizione pubblica di raccolte di beni e dati archeologici e scientifici, con finalità di valorizzazione, educazione, studio e intrattenimento.
Il Settore Espositivo del “Centro Internazionale per l’Innovazione delle Filiere Frutticole” (CIIFF) si propone quindi quale primo centro culturale, scientifico e di tecnologia applicata all’ambito della musealizzazione di queste importanti specie frutticole a nocciolo.
Un centro polifunzionale e originale, che mira a superare la percezione statica del bene museale a riscatto dell’etimologia del termine “museo” (museum o mouseion quale “Tempio delle Muse” ovvero luogo delle attività culturali) attraverso il carattere innovativo del servizio offerto, per proporre a tutti i pubblici una grande esperienza culturale di visita, scoperta ed esplorazione dove – attraverso l’esposizione di elementi naturali (anche nella forma della riproduzione), interfacce visuali touchscreen e multi-touch, video 3D, ologrammi, superfici interattive e diffusione olfattiva – il visitatore entrerà a contatto col patrimonio scientifico e storico-archeologico, in modo interattivo e fortemente dinamico.
Si tratta, in vero, di un ‘centro policentrico’ per un’esperienza culturale nel senso più vasto e completo del termine – tra contemplazione e piacere estetico, immersione, stupore, apprendimento, gioco, divertimento intellettuale e conoscenza – capace di raccontare le molteplici sfaccettature che compongono il mondo del pesco e del suo frutto in tutta la complessità della sua valenza culturale, scientifica, simbolica e produttiva, aprendo vere e proprie “finestre” sulla storia, le geografie, i paesaggi e le stagioni, mettendo contestualmente in scena aspetti paleobotanici e genetici, linguistici e artistici, produttivi, di innovazione tecnologica e di esplorazione del territorio fino ad offrire occasioni di degustazione e momenti di forte immersione che sorprenderanno palato e sensi di ogni visitatore.
La progettazione integrata del Centro è su misura, finalizzata a un allestimento inclusivo e coinvolgente che si propone di accompagnare e guidare il pubblico all’interno di una dimensione di visita esperienziale, assolutamente unica, extra-ordinaria e non riproducibile altrove, mediante un approccio multimediale, interattivo e tridimensionale, e la realizzazione di un percorso multidisciplinare fortemente immersivo.
L’impianto compositivo, infatti, è fluido, dinamico, aperto, in un’originale alternanza di pieni e vuoti, filari e sipari, macchine e macchinari, bancarelle, banconi da cucina, da laboratorio di ricerca e da mescita, finestre sul mondo e sul territorio, installazioni aperte e immersive – il tutto per accompagnare il visitatore nel grande racconto plurimillenario del pesco e del suo succoso frutto: dagli aspetti storico-naturalistici, paesaggistici e linguistici, a quelli iconografici e culturali, produttivi, commerciali e nutrizionali, della ricerca biologica e genetica, dell’innovazione tecnologica, attraverso una grande variabilità di interfacce e ambienti capace di integrare narrazione, documentazione storico-scientifica, interazione, esperienzialità, immersione, degustazione, esplorazione e multisensorialità…
Il progetto prevede, inoltre, di stimolare il visitatore ad esplorare gli aspetti territoriali, proponendogli una serie di strumenti interattivi – come mappe, finestre del paesaggio, binocoli sul territorio, etc. – che gli permettono di comporre itinerari integrati su misura – tra natura, paesaggio, arte e architettura, patrimonio eno-gastronomico ed eccellenze produttive – in funzione delle sue esigenze, dei suoi interessi e delle sue disponibilità di tempo … a partire dalla collezione vivente PeachRefPop, con le sue oltre 400 varietà di alberi di pesco!